Gridone, la vetta dai tre nomi

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Gridone, la vetta dai tre nomi

croce sulla vetta

Maestosa vetta sul confine fra Svizzera e Italia, il Gridone vanta un piccolo record: quello di avere tre nomi. Gridone o Limidario riporta la Carta nazionale, fonte probante in materia. Ma nel Locarnese nelle Centovalli e nel resto del Ticino il toponimo più diffuso è Ghiridone. Salvo a Brissago: i padroni di casa sono fedeli al loro Gridone ossia alla formulazione ufficiale. Infine, l’appellativo Limidario in uso nel versante italiano.

Al pari delle cime prealpine più imponenti, anche questa ha come tradizionale riferimento panoramico la “Madonnina del Duomo di Milano”. Non pochi sono gli appassionati che nelle chiare notti di luna compiono la salita notturna al Gridone per ammirare un’incantevole panorama. Secondo testimonianze, di notte si possono addirittura scorgere le scie luminose dei tram… della città lombarda.

Di questa vetta, che porta i segni della corrosione dei ghiacciai, si parla da secoli. Nel 1860 il naturalista ticinese Luigi Lavizzari, scriveva: “di lassù volgevamo l’occhio con ansia, quasi impauriti dall’aspetto degli abissi che circondano l’aerea rupe”. Oltre all’ampia vista sulle cime del nostro cantone, particolarmente vasta e imponente è la vista sul Monte Rosa, sui quattromila del Vallese, sui laghi e sulla Pianura Padana.

La croce sul Ghiridone

Fu eretta nel 1933 su iniziativa di don Augusto Giugni a commemorazione del 19° centenario della Redenzione di Gesù Le cime delle nostre montagne sono costellate di croci, grandi e piccole, umili o monumentali. Tutte sono un segno della fede che animava chi ci ha preceduti e che, ci auguriamo, riesca ancora ad animare la gente di oggi. Del resto siamo convinti che, specialmente gli amanti della montagna, passando davanti a una cappella o a una croce, non mancano di rivolgere un pensiero riconoscente al Creatore di ogni cosa.

Un'impresa memorabile

Una delle testimonianze più significative di questa devozione è data dalla croce del Ghiridone (o Limidario), la montagna che si innalza a ovest del Locarnese e dalla cui cima (2187 m/sm) lo sguardo spazia su gran parte dell’alto bacino del Verbano e sul maestoso entro terra delle nostre valli. L’iniziativa di erigervi una croce fu lanciata nel 1933, Anno Santo detto Giubilare: ne fu promotore don Augusto Giugni, allora prevosto di Intragna, nonchè appassionato alpinista e provetto sciatore. Il progetto interessò la gente della regione; furono in molti ad aderire con entusiasmo: uomini e donne, giovanotti e fanciulle. L’impresa non fu uno scherzo: si trattava di portare su un punto panoramico del crinale il materiale occorrente per realizzare una monumentale croce in ferro, progettata dall’architetto Mazzi. Al trasporto presero parte gli intragnesi e molti altri abitanti delle valli: donne che col gerlo, con la cadola o sulle spalle porta vano un pezzo della futura croce. Ma il tour de force lo si deve a un folto gruppo di locarnesi, per la maggior parte oratoriani. Per l’erezione si adoperarono particolarmente i fratelli Pierino e Pio Mainoli. Ma tanti altri diedero il loro contributo. Poi, finalmente, il 1° agosto del 1934 una folla di fedeli salì sull’erta della montagna per assistere all’inaugurazione e alla messa, celebrata dal canonico di Brissago don Pio Jolli.